NAPOLI – Erano le 19.34 di domenica 23 novembre 1980 quando una scossa di 90 secondi del 10° grado della scala Mercalli colpì la Campania, con epicentro tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania, interessando un’area di 17mila chilometri quadrati. Da allora sono passati ben 41 anni, ma il ricordo è vivo in tutti quelli che vissero quegli istanti drammatici.
Case che sono solo macerie, 2.914 morti, 8.848 feriti, 280.000 sfollati. Un minuto e ventinove secondi ma di Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, Torella dei Lombardi, Conza della Campania, Teora, Laviano, Baronissi ed altri 29 comuni non rimase più nulla. Crollarono presepi dell’Appennino e casermoni malfatti delle periferie: a Napoli, in Via Stadera, nel quartiere di Poggioreale la scossa inghiottì un palazzo: 52 morti; a Balvano il terremoto non si fermò davanti alla messa che si sta celebrando nella chiesa di S.Maria Assunta.
Secondo l’Ufficio del Commissario Straordinario, dei 679 comuni appartenenti alle otto aree interessate dal terremoto (Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia), ben 506 (il 74%) furono danneggiati.
Interi paesi – come Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, Conza della Campania, Castelnuovo di Conza, Santomenna, Laviano, Muro Lucano – furono quasi rasi al suolo, altri gravemente danneggiati e isolati per giorni. Il ricordo dei soccorsi, tardivi e insufficienti nonostante lo sforzo messo in campo dai volontari, è tutt’altro che sbiadito.
Sui luoghi della tragedia arrivò l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che vide coi propri occhi i lutti e le rovine, denunciando con voce alta e ferma i ritardi nei soccorsi. Un’immagine entrata nella memoria collettiva come la prima pagina del quotidiano ‘Il Mattino’ con l’appello “Fate presto”. Nell’immediato dopo terremoto, di fronte alle immagini di disperazione, precarietà e bisogno che le televisioni diffusero in tutto il mondo, si avviò finalmente la macchina dei soccorsi, guidata da Giuseppe Zamberletti, nominato Commissario straordinario del Governo. Fu la premessa di una moderna struttura di Protezione Civile. Un impulso prezioso per intraprendere un cammino di rinascita arrivò dalla generosità e dalla solidarietà degli italiani e di tanti Paesi esteri; dall’azione costante dei sindaci e degli amministratori locali, ai quali furono delegate molte competenze; dall’intervento delle forze armate, della Chiesa e del volontariato. In quella drammatica emergenza, anche la classe politica seppe ritrovarsi compatta e in tempi rapidi fu approvata la legge 219 (a maggio del 1981) per la ricostruzione delle case nei complessivi 506 comuni danneggiati delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Foggia, Napoli, Potenza e Salerno, ma anche per lo sviluppo industriale di quelle aree.
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