MILANO – La requisitoria della pm Alessia Menegazzo nel processo contro Alessandro Impagnatiello, accusato dell’omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta di sette mesi, ha gettato luce su un crimine che la stessa accusa ha definito “un viaggio nell’orrore”. Il 31enne, secondo la pm, avrebbe pianificato l’uccisione di Giulia e del loro figlio sin dal dicembre 2022, attraverso tentativi di avvelenamento, per poi agire con brutale violenza il 27 maggio 2023.
Un piano mortale a lungo premeditato
“Quella sera, Impagnatiello ha semplicemente cambiato strategia, portando a termine un progetto omicidiario premeditato da mesi”, ha dichiarato la pm durante la requisitoria. “Dopo l’incontro tra Giulia e l’altra ragazza con cui aveva una relazione, l’imputato ha colto l’occasione come un giocatore di scacchi che fa l’ultima mossa”. Quella mossa è stata un’aggressione feroce: 37 coltellate inferte con inaudita violenza.
Dopo l’omicidio, Impagnatiello avrebbe messo in scena la scomparsa di Giulia, tentando di distruggere ogni prova. “Ha reso cenere il cadavere per cancellare ogni traccia”, ha spiegato Menegazzo, aggiungendo che il piano dell’uomo era far apparire Giulia come “l’ennesima donna scomparsa”.
Manipolazioni e narcisismo mortale
Il pubblico ministero ha tracciato un profilo psicologico dell’imputato, definendolo dotato di “tratti di narcisismo mortale”. Impagnatiello avrebbe ammesso il crimine solo quando messo con le spalle al muro, cercando però di manipolare la realtà anche durante la confessione. “Non è stata una confessione spontanea, ma un ennesimo tentativo di orientare la narrazione a suo favore”.
Il tentativo di simulare il suicidio
La strategia dell’accusato si sarebbe basata anche su una messinscena volta a simulare il suicidio di Giulia. Dopo aver presentato una denuncia di scomparsa, Impagnatiello avrebbe cercato di dipingere la compagna come una donna depressa e incline al suicidio. “Un tentativo di depistare gli inquirenti”, ha sottolineato Menegazzo, “veicolando un’immagine falsa della vittima per allontanare i sospetti da sé”.
Manipolazione dei familiari
La pm ha evidenziato anche come l’imputato avesse manipolato non solo le prove, ma anche i suoi stessi familiari. “Ha indotto suo fratello e sua madre a mentire ai carabinieri, sostenendo che non possedeva un garage, dove invece si trovava il corpo martoriato di Giulia”. Questo comportamento, ha detto Menegazzo, testimonia “l’assenza totale di pietà, persino nei confronti dei suoi cari”.
Un dolore incolmabile per la famiglia della vittima
All’udienza erano presenti i familiari di Giulia Tramontano, tra cui la madre Loredana Femiano, il padre Franco e il fratello Mario. Il loro dolore e la loro dignità hanno fatto da contraltare alle parole della pm, che ha ripercorso ogni dettaglio di un crimine tanto efferato quanto calcolato.
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