POMIGLIANO D’ARCO, Napoli – Più cassa integrazione viene effettuata in casa Stellantis a Pomigliano, più l’azienda risparmia in stipendi, pur producendo più autovetture di quanto se ne realizzavano prima dello stop di un giorno a settimana, meno soldi trovano in busta paga i dipendenti ogni mese, più soldi vengono spesi dallo Stato (oltre 4 milioni di euro in due mesi) in ammortizzatori sociali. Insomma per dirla in breve, le auto di Stellantis non vanno bene sul mercato e chi ci rimette oltre agli operai è la collettività. L’azienda ci guadagna sempre. Questo è ciò che ormai accade da due mesi. Ma facciamo un passo indietro. Non sono ancora esaurite le cinque giornate di stop imposte dall’azienda ai dipendenti, un giorno a settimana a partire dall’ultima di agosto fino a fine settembre, che la società di automotive ha comunicato ai sindacati, sempre a causa di un calo degli ordini di veicoli, in particolare dell’Alfa Romeo Tonale, ulteriori 4 giorni di stop alle attività produttive del Giambattista Vico, a partire da venerdì 4 ottobre e nei successivi lunedì del 7, 14 e 21 ottobre. Nonostante la rimodulazione avviata da questo mese dell’intera produzione su quattro giorni, con un aumento di produzione sul modello “Panda”, da 630 vetture al giorno, a 790 e di una lieve riduzione per il modello Alfa Romeo “Tonale”, da 200 vetture prodotte al giorno a sole 150 auto. Secondo Stellantis, la differenziazione della produzione dei due modelli consente così di ricorrere alla cassa integrazione guadagni ordinaria per quattro giorni per il mese di ottobre. Sul piede di guerra i sindacati: «La scelta di ricorrere agli ammortizzatori sociali per l’intera fabbrica – dicono Mauro Cristiani, segretario generale e Mario Di Costanzo, responsabile settore automotive della Fiom di Napoli – è inaccettabile considerato il consistente aumento di produzione su Panda e per questo ha espresso parere negativo alla richiesta aziendale di cassa integrazione ordinaria. Siamo sempre più convinti che il vero obiettivo di Stellantis del ricorso agli ammortizzatori sociali non è per fronteggiare un calo della domanda ma incrementare l’efficienza scaricando i costi sulla collettività». Ed è proprio questo il punto su cui però le istituzioni tacciono colpevolmente almeno per ora. In questa operazione, infatti, conti alla mano, ci guadagna solo Stellantis che riesce a produrre paradossalmente più auto con meno giorni lavorativi a disposizione, pur risparmiando una grossa cifra in stipendi e cioè fino ad ottobre circa 800 mila euro. Gli ammortizzatori sociali a carico dello Stato e quindi della collettività invece salgono ad oltre 4 milioni di euro. Ci perdono sicuramente anche gli operai del sito produttivo di Pomigliano che si troveranno in busta paga circa 200 euro in meno al mese. «Quanto accade allo stabilimento di Pomigliano – secondo Cristiani e Di Costanzo – conferma, ancora una volta che, da parte del ministro Urso, non è più rinviabile una convocazione dell’Amministratore delegato. Il Governo, a partire dal Presidente del Consiglio Meloni, deve assumere una posizione chiara rispetto alla politica di Stellantis che socializza le perdite e privatizza i profitti». «Il perdurare del crollo delle vendite, dovuto alla fine degli incentivi statali – concludono i due sindacalisti Fiom – conferma che, a partire dallo stabilimento di Pomigliano, occorrono investimenti in processo e prodotto nel nostro Paese nella mobilità sostenibile, così come avviene per Peugeot, Renault e Citroen. È evidente che più questo processo ritarda e più velocemente si ritornerà un’altra volta al periodo in cui più della metà del personale era collocato in Cigo». Sullo stabilimento di Pomigliano pesano moltissimo le difficoltà di mercato della Tonale, le cui richieste negli ultimi mesi si sono ridotte al lumicino. Ma anche la Panda ha avuto nell’ultimo periodo una piccola flessione negli ordini, che si potrebbe ancora aggravare, in una sorta di auto concorrenza, con l’immissione sul mercato tra pochi mesi della nuova Grande Panda che si produce nello stabilimento serbo di Kragujevac e che potrebbe essere preferita all’utilitaria realizzata a Pomigliano. «Solo a dicembre – ricorda Biagio Trapani, segretario generale Fim di Napoli – si voltava pagina per l’uscita dalla morsa degli ammortizzatori sociali, oggi le maestranze di Pomigliano ripiombano nell’incubo che li ha accompagnati per tanti anni. Troppi soggetti che hanno responsabilità si sono attardati, quando noi denunciavamo il pericolo occupazionale di oltre 70 mila tra lavoratrici e lavoratori solo nel nostro Paese. Crediamo sia giunto il momento che tutti gli attori agiscano immediatamente, in stretto rapporto tra di loro, per un rilancio industriale del settore, per fronteggiare il forte calo di richieste dei nostri prodotti e impedire la chiusura di stabilimenti». «Serve – conclude Trapani – un’azione comune e sinergica, tra istituzioni e produttori, volta a rafforzare le politiche industriali, che i singoli paesi devono adottare al fine di sviluppare l’elettrificazione, la digitalizzazione, l’economia circolare e, nello stesso tempo, per un forte sostegno di investimenti per rilanciare la transizione industriale che sta caratterizzando la rete di fornitura».
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