Cultura

Lunedì a Napoli dialetto e toponomastica, tour immaginario e mille storie da raccontare

NAPOLI – Fu Ferdinando IV di Borbone nel 1792 a dare un primo assetto ufficiale e sistematico alla toponomastica napoletana. Questa è soltanto una delle mille scoperte che si potranno fare partecipando a “Dialetto e toponomastica”, l’ottavo e penultimo appuntamento degli “Incontri sul dialetto”, curati dal Comitato per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio linguistico napoletano e organizzati dalla Fondazione Campania dei Festival.
Lunedì prossimo 6 maggio alle 16 al MUSAP-Fondazione Circolo Artistico Politecnico ETS di Piazza Trieste e Trento a Napoli (Palazzo Zapata), la professoressa Marina Castiglione (Università degli Studi di Palermo, Coordinatrice scientifica del Dizionario-atlante dei toponimi orali in Sicilia e Responsabile per l’applicazione della L.R. 9/2011 per la valorizzazione del patrimonio linguistico siciliano a scuola), il dottor Umberto Franzese (membro del Comitato scientifico per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio linguistico napoletano) e l’architetto Franco Lista proporranno una riflessione sulla toponomastica come testimonianza storica e linguistica, guidando anche il pubblico in un tour immaginario tra le strade di Napoli, dove, esattamente come accade in ogni località, dietro ogni nome c’è una storia da raccontare, in un’intima relazione tra il vissuto e i luoghi. Una vera e propria incarnazione che spesso resiste al tempo e alle nuove denominazioni.
Il navigatore delle emozioni ci accompagnerà dunque verso destinazioni note, delle quali forse ignoravamo le suggestioni: dalla toponomastica archeologica (Anticaglia, Ponti Rossi) a quella che fa riferimento a strade e architetture storiche (Porta Nolana e Porta Capuana, Poggioreale, La Duchesca e Corso Vittorio Emanuele, considerata la prima tangenziale della città), fino ad arrivare al Vomero per fare una scoperta davvero significativa. Fu una Commissione comunale, presieduta da Bartolommeo Capasso, segretario un giovane Benedetto Croce, a intitolare nel 1890 le principali vie e piazze del famoso quartiere collinare ai più noti artisti napoletani, scelti tra pittori, scultori, architetti e musicisti. Ecco allora che da via Luca Giordano si arriva a via Scarlatti, si fa una piccola deviazione per via Cimarosa, poi a sinistra nella piazza dedicata a Vanvitelli e si prosegue verso via Bernini. Senza dimenticare Stanzione, Solimena, Palizzi, Pitloo, Altamura, Alvino, Gemito e tanti altri ancora.
Non meno interessante è la toponomastica che si riferisce alle caratteristiche fisiche del luogo (Arenaccia, Lavinaio, Argine, Cavone), alla presenza di alberi e relativi frutti (Pignasecca, Noce, Olivella e la Salita Infrascata, l’attuale Salvator Rosa), agli usi e alle curiosità (Pazzariello, Scassacocchi, Ferze, Chiavettieri), ma anche alla prostituzione e alla gozzoviglia (Cerriglio, dall’omonima osteria dove fu aggredito e sfregiato Caravaggio, Belledonne a Chiaia e l’ancora più esplicita Cavallerizza).
Insomma, ce n’è abbastanza per non perdersi più una targa stradale, viaggiando in un passato che è ancora presente, alla ricerca di un’identità da trasferire nel futuro. In un tessuto urbano magari diverso, ma capace di conservare le stesse radici.
Il programma dell’intero ciclo di incontri, che si terranno fino al 27 maggio nello stesso luogo e alla stessa ora, è disponibile sul sito della Fondazione Campania dei Festival.
Redazione Centrale

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