NAPOLI – Circa trent’anni dopo, “Geltrude” di Fortunato Calvino (nella foto), ritorna al Nuovo Teatro Sancarluccio, dove, dopo “Benevento Città Spettacolo”, debuttò nel 1994. In scena nello spazio di San Pasquale a Chiaia da venerdì 17 a domenica 19 marzo, con gli attori Francesco Barra, Elena Fattorusso e Francesca Morgante il lavoro basato sull’auto isolamento della protagonista, è firmato per la regia da Stefano Ariota. Per il pubblico, scaturito dalla prolifica penna di un commediografo come Calvino, una storia senza fine, una tragedia che, come un filo, dapprima si dipana sviscerando i segmenti di una evidente solitudine che spinge la protagonista a rifiutare il mondo a cui sembra appartenere, e poi si riannoda su sé stesso in un intrigo di segreti appena accennati e che permettono la nascita di immagini e ricordi. Gli stessi che appaiono come figure reali e non come proiezioni dell’inconscio, fino a ricondurre la storia stessa al punto di partenza e pronta a ricominciare come un replay infinito. Ipocrisia, crudeltà, dolore e paura, questi i sentimenti che animano la pièce dove il passato è vissuto come l’unico mondo in cui vale la pena rifugiarsi e la finzione viene in soccorso alla vita vestendola di sogni. Collocabile in quel genere definibile del “teatro nel teatro” ad assumere grande rilevanza nel lavoro è il gioco tra realtà e finzione vissuto come espediente per dare senso alla vita. “Geltrude- ha scritto il regista Ariota nelle sue note – vive sola rifiutando un mondo dopo un amore finito, il cui fantasma viene a vivificare un quotidiano altrimenti inaccettabile che l’ha profondamente mutata lasciando in lei un sordo rancore. La messinscena evidenzia registicamente la finzione e poi la realtà che l’autore ha dettagliatamente manifestato. Ho cercato di dare valore, oltre al testo, alla grande personalità dei personaggi dipingendo il contesto scenico con la presenza del colore “tufo” per rafforzare la napoletanità che vivono contestualmente i tre personaggi”.
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